Sicuramente ciò che ogni genitore tenta di fare quando si trova ad esercitare il complesso compito di crescere ed educare i figli è di aiutarli e supportarli laddove si presentano difficoltà o disturbi veri e propri. Nello specifico, ci troviamo di fronte ad una difficoltà quando il disagio del figlio non ha assunto ancora una rigidità effettiva, come invece avviene per un disturbo psicologico. In quest’ ultimo caso infatti si ha una vera e propria patologia caratterizzata da sintomi specifici e di maggiore gravità, a tal punto da divenire invalidanti.

Da un punto di vista strategico, la maggior parte delle difficoltà presentate dai figli possono essere superate facilmente, guidando i genitori ad intervenire in modo opportuno per estinguere tali disagi. Nel caso invece di un disturbo vero e proprio, la tempestività dell’ intervento è fondamentale e in ogni caso l’ intervento dei genitori è sempre richiesto, anzi talvolta si richiede unicamente di intervenire sui genitori aiutandoli ad aiutare il proprio figlio. Questo avviene soprattutto nel caso di bambini, sui quali si preferisce intervenire indirettamente per evitare qualunque forma di “creazione del caso” ed innescare così il processo di profezia negativa che si autorealizza.

Quindi, in ogni caso, l’intervento strategico si basa sul ruolo attivo delle figure genitoriali nel processo di soluzione e superamento dei problemi dei figli; in altri termini i genitori diventano veri e propri “coterapeuti”, che supervisionati dal professionista agiranno in modo efficace e guideranno il figlio verso la risoluzione del problema presentato. Generalmente, le tipologie di soluzioni adottate sono di due tipi: o sono atte ad interrompere comportamenti che contribuiscono ad alimentare e mantenere il problema, o sono vere e proprie strategie attive messe in atto con il fine di raggiungere uno scopo. È altrettanto vero che spesso si vengono ad attuare entrambi gli interventi, ma magari viene variata la sequenzialità degli stessi.

In questo processo è quindi indispensabile analizzare le tre aree fondamentali che sono coinvolte nello strutturarsi e nel mantenimento della problematica all’interno del nucleo familiare: la comunicazione, la relazione e tentate soluzioni messe in atto dai soggetti.

Il modo di comunicare non è mai neutro e non veicola solo informazioni ma produce effetti emotivi che inevitabilmente influenzano le azioni e le reazioni del soggetto ricevente. Saper comunicare in modo efficace, anche all’ interno del sistema famiglia, è di importanza basilare. È impossibile non comunicare ed i suoi effetti pragmatici  sono alla base dello strutturarsi di patologie così come dello sviluppo di strategie terapeutiche. I genitori devono quindi rendersi conto del proprio modo di comunicare nei confronti dei figli,  e devono essere disposti a cambiarlo laddove ve ne sia necessità.

Anche la tipologia di relazione affettiva prevalente tra genitori e figli necessita di essere analizzata, proprio perché la ridondanza di certi copioni relazionali può portare sia allo strutturarsi del disturbo sia allo sblocco di esso.

Per ultimo, ma non meno importante, è lo svelamento delle tentate soluzioni messe in atto dal nucleo familiare per cercare di risolvere la situazione, ovvero tutti quei comportamenti ripetuti che si mettono in atto nell’ intenzione di cambiare la realtà problematica, ma senza successo. Una volta individuate le strategie fallimentari occorre procedere con la modifica o la sostituzione di esse, lasciando il posto a comportamenti funzionali e efficaci.

Per concludere, la terapia strategica mira a rendere i genitori attivi agenti di cambiamento sia diretto che indiretto, ossia persone effettivamente capaci di aiutare i figli in difficoltà fino a divenire veri e propri coterapeuti dello specialista, capaci di produrre lo sbocco completo della situazione problematica.